La maxi-operazione sul giro di scommesse clandestine, coordinata dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e condotta congiuntamente dalla Guardia di Finanza, dalla Polizia e dai Carabinieri, che ha portato all'arresto di 68 persone e alla confisca di beni per circa un miliardo di euro, non ha tardato a suscitare reazioni e stimolare riflessioni tanto in merito alle nuove forme di attività malavitose, quanto sull'efficacia degli anticorpi del sistema.
LA RETE – Il sistema messo in piedi, che ha visto coinvolti esponenti di diversi clan, era particolarmente ramificato e complesso, e faceva leva da un lato sulle pratiche di riciclaggio classiche, attraverso l’acquisto di beni immobili siti in vari paesi con denaro sporco, dall’altro su un uso spregiudicato della tecnologia web, che ha reso difficile la vita agli inquirenti.
Una rete che dimostra, per usare le espressioni del procuratore capo della Dna Federico Cafiero De Raho, come la stessa struttura delle organizzazioni mafiose stia conoscendo un’evoluzione che segue i progressi della tecnologia, laddove la granitica struttura familistica sta molto rapidamente lasciando spazio ad una certa fluidità ed interconnessione tra i clan, che lavorano insieme più che spartirsi il terreno. Nel caso del giro di scommesse illegali, il meccanismo funzionava quasi alla perfezione. C’è da chiedersi, tuttavia, quanto abbiano funzionato i ponti levatoi della fortezza statale contro l’infiltrazione mafiosa in un settore tanto importante dell’economia (terza voce di bilancio nel 2018 con 10 miliardi di gettito fiscale).
GLI ANTICORPI – Rispetto al settore delle scommesse, infatti, il Governo ha assunto un approccio proibizionista ai limiti dell’aperta ostilità, che ha messo sul piede di guerra gli operatori del settore. Tanto nel Decreto Dignità, quanto nella più recente manovra economica, infatti, sono inseriti una serie di paletti al gioco d’azzardo, che seguono anni di regolamentazione, non sempre lineare, portata avanti dalle amministrazioni locali, allo scopo di tutelare i minori e porre un freno alla piaga sociale della Ludopatia.
Strumenti quali il “distanziometro”, o le limitazioni orarie, per finire con il divieto di pubblicità, non hanno però sortito l’effetto sperato, almeno per ora. Come sottolineato da Moreno Marasco, presidente di Logico – Lega operatori di gioco su canale online – "questi espedienti governativi non soltanto si stanno rivelando inefficaci, ma al contrario tolgono protezione ai giocatori, aprendo spazi enormi per il gioco illegale, che certamente non si preoccupa di salvaguardare i minori o la trasparenza nella tracciabilità dei conti".
CIO’ CHE SI PUO’ FARE – Come detto, il settore del gioco è importantissimo per il bilancio statale, e merita pertanto un occhio di riguardo. Importanza ribadita dal procuratore De Raho, il quale non ha mancato di tirare le orecchie al legislatore, osservando come manchino dei veri meccanismi di contrasto e di vigilanza sul fronte delle attività illegali e delle infiltrazioni mafiose, come ampiamente dimostrato dalla maxi-operazione, che non sarebbe stata probabilmente portata a termine senza l’aiuto di un collaboratore di giustizia.
D’altra parte, attorno alla galassia del mondo delle scommesse, ruotano circa 150.000 occupati, che dal muro contro muro tra operatori e Stato hanno solo da perdere, tanto che i sindacati sono scesi in piazza il 16 novembre, con il sostegno di Sistema Gioco Italia (l’associazione delle imprese del settore) per chiedere al Governo di invertire la rotta.
Il proibizionismo statale rischia in tal senso di fare più danni della peste, non risolvendo vecchi problemi e creandone di nuovi. Marasco ha tenuto a precisare che gli operatori di Logico (facenti parte del circuito degli operatori AAMS) sono già impegnati nel contrasto al gioco illegale, uno sforzo reso ancora difficile da una legislazione poco attenta. Le piattaforme illegali, ha spiegato Marasco, non pongono vincoli di registrazione, permettendo di fatto il gioco minorile, e non tracciano i fondi, garantendo una certa impunità per eventuali operazioni di riciclaggio. La risposta, per Marasco, non può certo essere quella del divieto di pubblicità, che rende il giocatore meno consapevole dei rischi del gioco (dipendenza e probabilità di vincite in primis), e pertanto più vulnerabile. C’è da auspicare che il Governo colga i segnali negativi del suo atteggiamento e recepisca le perplessità rivolte dagli operatori del settore, in modo tale da attuare misure che contrastino efficacemente i problemi sociali, e al contempo funzionino da robusti anticorpi contro il germe della malavita organizzata, una minaccia sempre costante nel nostro sistema.