In un convegno tenutosi presso l'Università Milano Bicocca, curato dal Dipartimento di sociologia e ricerca sociale, è stata presentata una ricerca, svolta da Ce.R.Co. (Centro Studi Ricerche Consumi e Dipendenze), in collaborazione con FeDerSerD (Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze), volta ad analizzare i costi sociali del gioco d'azzardo problematico, con particolare riferimento al Trentino Alto-Adige e alla Lombardia.
Il ricercatore e sociologo Fabio Lucchini, ha spiegato che l'obiettivo dello studio, basato su dati risalenti al 2014, è offrire per la prima volta una stima dei costi sociali del gioco d’azzardo problematico in Italia sapendo quanto possano essere rilevanti le ripercussioni economiche, psicologiche e relazionali dei comportamenti di gioco sull’individuo e il suo ambiente sociale.
"Tra gli studiosi del fenomeno esiste un accordo pressoché unanime sul fatto che le diverse forme di addiction (nello specifico quella legata al gioco d’azzardo) comportano danni non solo per i soggetti interessati ma anche per la collettività, che si esprimono in costi sociali. Il concetto di costo sociale, ampiamente utilizzato nella letteratura economica applicata alle dipendenze da sostanze e comportamentali, si riferisce a una perdita complessiva di benessere sociale attribuibile a determinate scelte, azioni e comportamenti. Scopo del presente lavoro è la stima dei costi sociali del gioco d’azzardo problematico in Italia. Come anno di riferimento, in base ai dati disponibili, si è scelto il 2014", spiega il sociologo.
Proprio nel 2014 la raccolta riferita al gioco pubblico è stata pari a 84,5 miliardi di euro, - 12 miliardi in meno rispetto all'attuale - di cui 7,9 miliardi di euro incassati dall’Erario. Il tutto a fronte di vincite per 67,6 miliardi e di una spesa complessiva dei giocatori di 16,9 miliardi (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, 2015).
“Prendendo l’anno 2014 come punto di riferimento, considerata la raccolta nel gioco di 84mld di euro abbiamo cercato di calcolare i costi sociali, valutando una miriade di altri costi connessi a livello nazionale. In Trentino Alto Adige, la regione posizionata meglio per dati detenuti, nel 2014 si sono stimati costi medio per paziente di circa 900 euro. Secondo i dati del Dipartimento antidroga nel 2015 sono stati 13mila i giocatori che hanno fatto richiesta di aiuto al Serd e lo Stato ha messo a disposizione per finanziare queste spese 50milioni”, riferisce Lucchini.
La ricerca
Lo studio articolato in sette sezioni, riporta nella prima, un inquadramento generale del fenomeno; si procede nella seconda alla delineazione del disegno della ricerca facendo riferimento alla letteratura internazionale e ai dati effettivamente disponibili; dalla terza alla sesta sezione, vengono riportate le stime dei costi ritenuti rilevanti e calcolabili (costi sanitari, di disoccupazione e mancata produttività, associati a suicidi e a rotture familiari e dovuti a problemi legali); ed infine, nella settima, vengono esposte delle conclusioni prefigurando alcuni scenari alternativi rispetto alla stima dei costi sociali ottenuta, che ammonta a 2,7 miliardi di euro.
Costi sociali complessivi. Possono essere riassunti come segue (la stima è riferita a 1.230.179 giocatori problematici):
- il totale dei costi sanitari è di 60.167.264 euro (10.167.264 per il trattamento e 50mila di altri costi associati);
- costi di disoccupazione/mancata produttività 1.535.790.017 euro (479.129.456 di perdita lavoro e 1.056.660.561 di mancata produttiva):
- costi suicidi/rotture familiari 310.775.688 euro (292.567.898 suicidi e 18.207.790 divorzi/separazioni;
- costi di problemi legali 813.485.852 euro (328.364.057 sistema giudiziario e 485.121.795 sistema penitenziario);
- costo stimato per giocatore pari a 2.211 euro.
Considerazioni
"I risultati della ricerca, con i limiti derivanti dalla incompletezza delle fonti informative e i margini piuttosto ampi di relatività degli studi di prevalenza, sembrano indicare che in passato vi sia stata una sopravvalutazione dei costi sociali prodotti dal gioco d’azzardo. Sulla base unicamente del bilancio economico, si potrebbe ipotizzare che vi sia un vantaggio da parte dello Stato nel perseguire politiche espansive di questo mercato: infatti, i margini di guadagno per l’Erario sono molto superiori alle spese generate a carico del sistema sanitario e del welfare per compensare le esternalità negative del commercio e uso di questi prodotti”.
Avvertenze
“La ricerca presenta alcuni limiti: molti dei dati utilizzati si riferiscono solo ai giocatori (escludendo peraltro i minorenni), altri sono relativi alla popolazione generale e ciò crea distorsioni nell’esercizio di stima, imponendo di considerare un numero limitato di voci di costo. I costi sono dunque stati nel complesso sottostimati, limitandosi inoltre a quelli di natura pubblica e non prendendo in esame, ad esempio, i costi esterni privati, quelle esternalità che colpiscono anche i privati, come i familiari coinvolti per ciascun giocatore problematico. In altre parole, sono stati considerati solo gli effetti sulla finanza pubblica e in maniera non esaustiva. Si pensi al mancato utilizzo alternativo di risorse che avrebbero potuto essere impiegate in attività produttive e investite in consumi, agli effetti prodotti sulle finanze pubbliche da usura e fenomeni di illegalità e a quei costi sanitari indiretti che impattano su altre dimensioni della salute e della spesa sanitaria, che vanno aldilà di quanto il trattamento dei giocatori problematici gravi sulle finanze pubbliche”.
“In secondo luogo, è evidente, e condiviso anche da buona parte degli esperti, che il benessere di una popolazione e di una nazione non si misura soltanto con indicatori di carattere economico, così come rilevano le ricerche sempre più consistenti orientate a sostituire il Pil come indicatore di benessere e crescita di uno stato. A maggior ragione, una riflessione correlata a questa ricerca è che la diffusione del gioco d’azzardo produce anche effetti di tipo culturale, etico, sociale molto difficili da misurare e quantificare attualmente, ma soprattutto destinati propagarsi nel medio e lungo periodo e a incidere sui modelli culturali e biologici di sviluppo individuali e collettivi”.
Per tale motivo si rimanda alla necessità di ulteriori ricerche basate sulla disponibilità di dati organici, sistematici e finalizzati. Solo con investimenti consistenti nella raccolta di dati ad hoc, al momento mancanti nel contesto italiano (e non solo), sarà possibile stimare tutte le voci di costo presenti in letteratura e avere un quadro complessivo particolarmente preciso.
Gli interventi
Secondo Giampaolo Nuvolati, direttore del Dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell’università di Milano Bicocca, "sono numerose le controversie riguardo ricerche patologie sul gioco. La domanda che ci si pone è: che cosa costituisce il costo sociale? Esistono alcune ricerche che però si basano spesso su dati di altri Paesi che vengono poi adattati secondo parametri più o meno discutibili alla realtà italiana”.
Simona Comi, professore associato del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale Università Milano Bicocca, evidenzia che: "naturalmente è molto difficile quantificare quelli che sono i costi indiretti che derivano dal gioco problematico”.
Concettina Varango, vice presidente di FeDerSerD-Lombardia, sostiene “l’importanza di importante realizzare una ricerca sui costi sociali del gioco, quando il giocatore genera una spesa alla Pubblica amministrazione. Un fenomeno che può impattare in modo rilevante sul bilancio sanitario statale. Ad oggi conosciamo quanto sia rilevante la ripercussione economica e di salute per l’individuo affetto da problematiche legate al gioco, e la ricerca permette di inquadrare e prevedere i bilanci di spesa dello Stato".
Interessanti infine le conclusioni dello psicologo psicoterapeuta e research manager B-Asc Bicocca Applied Statistic Center, Mauro Schiavella, che invita ad operare nella direzione dell’informazione e prevenzione: "oltre al trattamento ci interessa la prevenzione. Dobbiamo ridurre il numero di persone che sviluppano comportamenti disadattivi legati al gioco. In sostanza, bisogna aumentare i fattori protettivi e abbassare quelli di rischio", ed esorta i legislatori a "non sottovalutare il gioco problematico, che non esclude la dipendenza da gioco. Non va considerato come una categoria inferiore. Non bisogna cadere nel tranello di non considerare il Gap come un grosso problema".