Cgil, Federconsumatori e Fondazione Isscon, hanno recentemente pubblicato un rapporto denominato «Non così piccoli. L’azzardo online nei piccoli comuni italiani», in cui si analizza la situazione del gioco pubblico nei 3.232 comuni italiani tra 2.000 e 9.999 abitanti. Questi ultimi corrispondono ad un quarto della popolazione italiana e al 41% dei comuni. La ricerca è stata complicata perché, come si legge nel rapporto, il principale ostacolo è rappresentato «dalla limitazione alla diffusione dei dati della gran parte del gioco fisico decisa dal Parlamento nel dicembre 2019».
Gli spunti della ricerca: Aguilara Veneta, il paradosso della provincia veneta
Secondo quanto evidenziato dalla ricerca «Non così piccoli. L’azzardo online nei piccoli comuni italiani», i comuni italiani rappresentano una sorta di “baluardo nella lotta al gioco d'azzardo”. La ricerca afferma che, mediamente si gioca di più nei medi e grandi centri, tuttavia nella fascia dei piccoli comuni la quantità di anomalie è decisamente superiore.
Attualmente, la regione che spende meno nel gioco online è il Veneto. Per fare un raffronto, a Padova si sono spesi mediamente 960 euro annui nel 2023, numeri molto distanti dagli oltre 3.200 euro di Messina, Palermo e Siracusa.
Tuttavia, nei piccoli comuni la situazione è più preoccupante. Paradossalmente, il piccolo comune dove si è giocato di più online nel 2023 è Aguilara Veneta, centro che conta 4.161 abitanti in provincia di Padova. Nel 2022 si registrava un dato di poco superiore a quello provinciale, 1.231 euro, tuttavia nel 2023, si è registrato un dato di molto superiore alla media pro capite: 13.073 euro per ogni abitante tra 18 e 74 anni, con una spesa mensile di 1.100 euro. Questo dato, come sottolinea la ricerca è di 14 volte superiore la media provinciale.
Lo studio ha messo in evidenza anche come la media pro capite del gioco online si alzi nei piccoli comuni a economia turistica. Ad esempio, a Capri nel 2022 la spesa pro capite era a 7.913 euro pro capite, ma nel 2023 è salita a 9.503. Dati simili si registrano nel limitrofo comune di Anacapri che arriva a quasi 5.000 euro.
Ciò ha spinto gli studiosi che hanno creato la ricerca ad una conclusione, ovvero che una parte del ricavato dell’economia turistica, in particolare l’area di irregolarità che può investire questo settore, venga riciclata nell’azzardo online.
Il dubbio che abbiamo noi è se gli studiosi riescano a distinguere il gioco online legale (consulta la lista dei siti di casinò autorizzati) da quello dei .com, pertanto questa conclusione può essere ritenuta priva di fondamento, soprattutto se non vengono menzionati i siti di scommesse sportive e i casinò online in cui sono state effettuate le giocate.
Mappa dei comuni: si gioca di più al Sud
Il rapporto «Non così piccoli. L’azzardo online nei piccoli comuni italiani» ha messo in evidenza anche una mappatura dei comuni dove si gioca di più. Dalla ricerca emerge che sono le regioni del Sud quelle dove l'azzardo è più sviluppato. Per la precisione, nell’elenco dei comuni che fanno registrare almeno il doppio della media nazionale vi sono dieci i comuni palermitani, nove di Messina e Lecce, otto di Cosenza, sette di Napoli e sei di Salerno.
Inoltre, si conferma come «l’azzardo online registra i numeri più elevati nelle aree a maggiore concentrazione della malavita organizzata. Somme che, con prudenza, il Libro Nero ha quantificato in 16-18 miliardi, il 20-22% delle giocate complessive online». Anche questi dati sono dati da prendere con le pinze visto che hanno suscitato, nei mesi scorsi, diverse polemiche sull’attendibilità da parte degli esperti del settore.
Federconsumatori chiede misure al governo per contenere il gioco d'azzardo online
Michele Carrus, Presidente Federconsumatori ha commentato i dati affermando come ormai risulti evidente che «In Italia è necessario sgonfiare l’azzardo online, e sono necessarie politiche nazionali e locali per il contenimento di quello fisico». Carrus afferma che la sua non è una crociata contro l'azzardo e che vietarlo totalmente sarebbe dannoso e controproducente. Tuttavia, la sua richiesta è quella di contenerlo, «esaminando la materia attraverso un bilancio sociale, che metta a fianco delle entrate per la collettività, sotto forma di tasse, anche le uscite, in termini di costi sanitari e sociali, gli effetti sui bilanci personali, sulla disgregazione delle famiglie». Carrus punta anche ad una maggior campagna educativa e informativa, «soprattutto rivolte ai giovani, che sempre di più cadono vittima di questo fenomeno».
Di parere simile è la segretaria confederale della Cgil, Daniela Barbaresi che afferma come sia fondamentale conoscere i dati relativi ai comuni piccoli e di medie dimensioni per agire in modo tempestivo a livello normativo anche in ottica prevenzione. Tuttavia, secondo la sua opinione, questi dati mettono in evidenza la necessità «di intervenire con una legge quadro che riduca l’offerta».
La questione rimane aperta. Di certo, il Decreto voluto dal governo porrà delle nuove basi di discussione a riguardo.