Quali sono i motivi che spingono a giocare d'azzardo? La domanda è lecita dato che l'azzardo è un'attività sempre più diffusa. In Italia, nel 2023, ha toccato i 150 miliardi e gli esperti affermano che questi numeri siano destinati ad aumentare. Non stupisce, dunque, che sulle motivazioni che spingono le persone a tentare la sorte sia nato più di uno studio.
La tesi di Bloch
The Sociology of Gambling di Herbert A. Bloch è stato per anni il punto di riferimento per quel che riguarda lo studio motivazionale sull'azzardo. Benchè il saggio sia piuttosto datato, le motivazioni ludiche espressa da Bloch sono tutt'ora attuali. Lo studio individua quattro principali aspetti che finiscono per spingere verso l'azzardo.
Il primo è l'aspetto individuale. Parliamo di caratteristiche personali che rendono alcuni individui più propensi di altri a giocare. Tra queste caratteristiche vi sono il piacere derivante dalle attività rischiose, la ricerca di novità e la personalità dipendente.
Il secondo aspetto analizzato da Bloch è quello ricreativo. Secondo la tesi del sociologo anche l'azzardo può rappresentare un'occasione di socializzazione o di svago come ad esempio il fumo o l'alcol. Bloch parla di «giocatori sociali», ovvero di chi assume questi comportamenti solo in determinate circostanze.
Il terzo aspetto è quello rituale. La tesi di Bloch è che gli individui creino un'insieme di significati condivisi nel gioco come per altri aspetti della loro vita sociale. Tutto ciò finisce per essere praticato con regolarità con la convinzione che possano influenzare l'esito del gioco. La ritualità finisce dunque per dare un maggior senso all'esperienza ludica.
Infine, vi è l'influenza della classe sociale. In un sistema sociale sempre più chiuso e dove raggiungere il successo diventa complicato, il gioco viene visto come una scorciatoia per avere fama e ricchezza.
Tesi neurobiologica e la teoria della prospettiva
Diversi scienziati, analizzando le motivazioni che spingono verso l'azzardo hanno finito per abbracciare la tesi neurobiologica. Giocare, infatti, stimola il rilascio di dopamina nel cervello. Parliamo di un neurotrasmettitore associato al piacere e alla ricompensa. Si tratta dello stesso neurotrasmettitore che viene attivato da alcune sostanze stupefacenti. La dopamina non viene rilasciata solo quando si vince, ma ogni qualvolta ci si approccia ad un gioco. Per questo motivo spesso finisce per condurre a comportamenti compulsivi.
A questa tesi si associa anche la teoria della prospettiva, sviluppata dagli psicologi Kahneman e Tversky. Secondo i loro studi, infatti, le persone valutano il rischio in modo non lineare. Da una parte sovrastimano le probabilità di eventi rari e a sottovalutare i rischi di eventi più comuni. Ciò finisce per focalizzare gli individui solo sulle possibilità di vittoria, sottostimando le possibilità di sconfitta. Da qui anche le possibili derive compulsive. Secondo il National Institute on Drug Abuse (NIDA), «i giocatori patologici mostrano difficoltà nel controllare l’impulso di giocare, continuando nonostante le conseguenze negative sulla loro vita personale, professionale e finanziaria».
La matematica per prevenire la dipendenza
A febbraio si è tenuto a Ferrara il laboratorio didattico-interattivo Fate il nostro gioco, in cui si è attuato un approccio originale alla tematica, ovvero prevenire attraverso la matematica e la psicologia il rischio dipendenza. Tale approccio è stato spiegato da Paolo Canova (matematico) e Diego Rizzuto (fisico), fondatori, insieme a Sara Zaccone, di Taxi 1729, una società specializzata in formazione e comunicazione scientifica. Il loro scopo è quello di aumentare la consapevolezza sul gioco d'azzardo, analizzando non solo gli aspetti matematici e statistici, ma anche quelli psicologici.
Come ha spiegato Diego Rizzuto “Ci sono giochi come la roulette o le slot machine in cui il giocatore ha una partecipazione molto limitata. Al contrario, ci sono giochi come il blackjack in cui l'abilità può influenzare il risultato. Diverso è il caso del betting: molti appassionati di calcio ritengono di essere esperti anche di betting, ma i dati affermano che «la differenza tra un esperto di sport e un neofita è spesso minima”.
Spiegare il rischio dipendenza attraverso dati come questo è l'ultima frontiera di prevenzione all'azzardo. In futuro sui punterà sempre più ad aumentare la consapevolezza dei rischi associati al gioco d’azzardo e educare sui suoi meccanismi psicologici.