Sfogliando il Libro Blu 2021 dell'Agenzia Dogane e Monopoli emerge come dopo la pandemia ci sia stata una ripresa del gioco pubblico.
La raccolta dell’anno corrente dovrebbe superare del 36% l’anno precedente, per 150 miliardi di euro, segnando un aumento non solo rispetto ai due anni precedenti, ma anche rispetto al 2019, che fa ben sperare per il futuro.
Il 2022 è stato un anno proficuo soprattutto in termini di raccolta del gioco, ma chi recita la parte da protagonista è il gioco tramite le piattaforme dei casino online italiani AAMS.
Le giocate a distanza hanno infatti assunto un ruolo sempre più fondamentale, la cui incidenza grava anche sul rapporto raccolta/spesa, nonché sulle entrate erariali.
Già, perché, la spesa è il parametro che effettivamente esprime il volume delle perdite dei giocatori e quindi anche il volume d’affari del settore del gioco legale. Per ottenerla, occorre detrarre, dalla voce della raccolta, il payout, ovvero la restituzione in vincite ai giocatori.
Il payout, come sappiamo, varia da gioco a gioco, e il suo valore medio si attesta sull’80%.
E proprio in questo la preponderanza del gioco online ha inciso: i giochi online si differenziano da quelli più classici reperibili nella rete terrestre in quanto il hanno un rendimento erariale inferiore. La loro impennata ha quindi invariabilmente condotto a un inferiore gettito per le casse statali.
I vari giochi incidono in misura differente in termini fiscali: una percentuale compresa tra il 28% e il 32% per i giochi numerici a totalizzatore, tra il 10% e il 17% per apparecchi, lotterie e bingo e, infine, fra lo 0,1 e il 4% per il gioco online, le scommesse e l’ippica.
È quindi chiaro che, a fronte di una diminuzione del gioco retail - che offre gli intrattenimenti ai quali viene applicata un’aliquota più alta - e di un contestuale aumento del gioco online - quest’ultimo tassato in misura minore – si perviene a un calo delle entrate erariali.
Considerando i dati al 30 giugno del 2022, emerge che il 25% della raccolta è costituito dagli apparecchi (il cui peso fiscale è di oltre 16% sulla raccolta). Un dato in calo rispetto all’ultimo anno pre-pandemia, quando gli apparecchi costituivano più del 42%.
A questo calo è poi corrisposta – come anticipavamo – la crescita del gioco online, la cui incidenza nel 2019 era inferiore al 24% del totale, mentre attualmente supera il 40%. Calcolando che la tassazione del gioco a distanza ha un peso fiscale inferiore all’1%, è immediata la spiegazione del calo in termini di introiti fiscali.
E questo dato può essere solo parzialmente compensato dall’aumento – per quanto importante - di 40 miliardi di euro nelle giocate e nella crescita anche del ramo delle scommesse sportive, le quali incidono per il 3% sui conteggi della raccolta complessiva.
Appare dunque evidente che, laddove dovesse consolidarsi la tendenza che si sta protraendo da oramai tre anni, un nodo centrale della riforma del gioco – al momento ferma ai boxe - riguarderà proprio la tassazione dei singoli giochi.
Una razionalizzazione del comparto tributario e una continuità circa prelievi e normative costituiscono la base di partenza per la (ri)costruzione di un solido sistema gioco, che trovi il suo perfetto equilibrio.