Il gioco terrestre, dopo anni di attesa, potrebbe finalmente essere regolamentato a livello nazionale. Il testo di proposta, creato da un tavolo tecnico composto dal Mef, dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e dai rappresentanti della Conferenza delle Regioni, ha partorito infatti di alcune misure che potrebbero finalmente trovare il loro sbocco naturale in una legge.
Dopo essere passato per la Commissione Salute e Affari Finanziari della Conferenza delle Regioni, la stessa Conferenza, nel corso della riunione che si è tenuta il 18 dicembre, ha approvato lo schema di decreto legislativo in materia di giochi pubblici ammessi alla rete fisica.
I primi spifferi
Stando a quanto è emerso, la riforma del gioco d'azzardo terrestre dovrebbe prevedere alcune modifiche sostanziali. Il primo punto fermo dovrebbe comprendere una offerta di gioco articolata in 39.000 esercizi generalisti, 4.500 sale specializzate, 9.000 punti scommesse per un totale di 52.500 punti gioco presenti sul territorio. Per quel che riguarda il totale degli apparecchi da gioco, questi dovrebbero essere di circa 200.000 Awp e le 42.500 Vlt.
Una delle tematiche più controverse, ovvero quella riguardante il distanziometro dai luoghi sensibili avrebbe aperto una discussione ancora in atto al momento, che vedrebbe contrapposto Mef e Regioni. Il primo, infatti, spingerebbe per considerare luoghi sensibili le Scuole di primo e secondo grado e le Strutture sanitarie che ospitano centri di recupero delle dipendenze mentre le Regioni vorrebbero includere luoghi di culto, strutture di aggregazione giovanile e centri anziani. Vi sarebbe invece accordo sulla distanza che le sale gioco dovrebbero rispettare da questi punti. Si parla infatti di 100 metri per per gli esercizi certificati e di 200 metri per i non certificati.
Proprio per quel che riguarda gli esercizi certificati sarebbe stato definito l'orario di chiusura che, per tutto il territorio nazionale, potrebbe essere dalle 5 alle 9 e dalle 13 alle 15. Per i non certificati la chiusura mattutina sarebbe, invece, fino alle 9.30, a condizione che gli orari siano riferiti agli apparecchi.
Una riforma necessaria
Il riordino del gioco terrestre è una riforma che ormai non può più attendere se si vuole salvare il settore. Gli ultimi dati a disposizione rivelano infatti che sia in forte calo. Un dato importante viene dal confronto della spesa negli ultimi anni.
Nel 2017 il gioco terrestre rappresentava la stragrande maggioranza della spesa, con circa 10 miliardi di euro contro gli 1,4 miliardi dell’online, ma negli ultimi quattro anni, anche a causa della situazione pandemica che si è vissuta, molto è cambiato. In questo periodo Il settore online ha registrato una crescita di 223 punti percentuali, raggiungendo i 4 miliardi e 400 milioni di euro nel 2023. Nello stesso periodo il gioco terrestre è sceso del 19%. I dati citati riflettono un cambiamento sempre più evidente nelle abitudini di gioco degli italiani.
Proprio per questo motivo, recentemente, il presidente di Acadi Confcommercio, Geronimo Cardia, aveva lanciato un grido d'allarme riguardo il gioco terrestre. Secondo la sua opinione: «La riduzione degli apparecchi nel tempo ha determinato la diminuzione del gettito che prima non si avvertiva perché si prevedevano aumenti di tassazione per questa tipologia di gettito». Cardia faceva inoltre notare che le misure imposte da Regioni e Comuni non avevano portato a un effetto di riduzione di spesa dell’utente, perchè «la stessa è aumentata nel complesso. Il problema è che le abitudini dei soggetti vengono spostate a causa delle misure imposte».
Secondo la sua opinione « Tutti questi soggetti dovrebbero convergere nella direzione di dare una soluzione in quella che è la questione territoriale al centro del dibattito dal 2012 dalle prime norme di distanze e orari. La compartecipazione del gettito erariale in favore delle Regioni credo sia un buon asset per la cura di questo disturbo perché la tutela sanitaria è affidata agli enti locali.».
Ora che sembra che tale convergenza vi sia, tutti attendono con ansia una riforma che non è più rimandabile.