Una crisi sanitaria mondiale, ci voleva questo per il 2020 e per il mondo del gioco pubblico italiano. Unico motivo che difatti ha fatto parlare quantomeno di riordino e riorganizzazione del settore. Provocando una tardiva presa di coscienza da parte della politica, non ultima di quella politica che è impegnata a lavorare all’interno del settore.
Una riforma generale del mondo del gioco italiano si chiede a gran voce, con urgenza e pressante necessità, ormai da anni.
L’emergenza Covid-19 ha portato solo alla luce tanti punti oscuri, finalmente, agli occhi del legislatore e delle istituzioni. Anomalie, criticità, assurdità, tutte tipicità di un paese distopico come l’Italia, sono state per anni ignorate. Anche l’influsso e l’influenza del crimine e dell’evasione fiscale hanno fatto poco rumore, fino a quando tutti questi tempi non sono esplosi compromettendo qualsiasi tipo di equilibrio in Italia: economico, certo, ma anche etico, politico e sociale.
Nell’Italia post Coronavirus il gioco sembra trovare spazio al punto che il tema è tornato centrale in ogni territorio: in quelli più “calmi” ed in quelli più “ostili”, come l’Abruzzo ed il Piemonte. Proprio nei territori in cui il gioco è visto con più ostilità si è giunti alla comprensione totale delle difficoltà di una situazione ormai insostenibile e del danno, anche economico-lavorativo, provocato alle aziende, alle imprese e ai lavoratori.
Sembra così che il momento della guerra, praticamente continua, sia cessato in nome di un momento di pace ritenuto, dalle istituzioni finalmente, necessario.
Ma la notizia più importante di tutte viene dal livello centrale: qui il gioco comincia ad essere trattato “quasi” come se fosse pari ad altri settori. Qualche pregiudizio pure sopravvive, anche qualche dietrologia in nome dell’etica e del buonsenso: in questo senso, unico, si spiega la chiusura dei locali di gioco senza alcuna valutazione scientifica. Ma in senso positivo c’è da accogliere l’ingresso del settore gioco tra quelli beneficiari dei ristori scelti dall’Esecutivo.
Più in generale il gioco pubblico è oggetto di trattazione più ampia da parte di governo e Parlamento, che mirano alla sua ricostruzione e riorganizzazione all’indomani della pandemia. Da qui nasce la proposta del regolatore e del governo di slittamento delle gare per il rinnovo delle concessioni per i prossimi 24 mesi, il tempo del riordino e di risolvere la spinosa “questione territoriale”. Il tutto proprio “grazie” alla pandemia, che ha portato anche i più intransigenti a guardare al gioco in maniera meno rigida, schematica e stereotipata. I tempi, ora, sono maturi.