Tornano sotto la lente d’ingrandimento le loot box, espediente utilizzato in alcuni videogiochi come aiuto per i giocatori nella prosecuzione del gioco, previo pagamento.
Il fulcro della critica che viene mossa alle loot box è insito nella loro natura: prima di aprire questi forzieri magici, il giocatore non ne conosce il contenuto. Oltre a questo, ci sono casi in cui l’effettivo valore dell’acquisto non è esplicitato in valuta reale, ma nella valuta fittizia del videogioco, altro aspetto che alimenta il dibattito su come queste misteriose box di premi debbano essere identificate.
L’Osservatorio Politiche Fiscali dell'Eurispes si era espresso in merito qualche mese fa, tramite il Direttore Palumbo, che suggeriva di prendere in considerazione la possibilità di assimilare le loot box al gioco d’azzardo, visto il coinvolgimento di esborsi di denaro e l’alea che contraddistingue questi prodotti.
Non solo in Italia ci si interroga in merito. L’International Association of Gaming Regulators (IAGR) si è affidata al partner Greo, un’organizzazione indipendente che si occupa di traduzione e scambio di conoscenze con esperienza ventennale in ambito internazionale, per uno studio comparativo. La mission di Greo è proprio quella di fornire ai propri partner dati e strumenti per migliorare le proprie politiche. In questo caso, Greo si sta impegnando di fotografare gli attuali approcci normativi al gioco d’azzardo e questo mese ha reso note le ricerche riguardanti proprio le loot box.
Le loot box in Europa
IAGR ha dunque pubblicato alcuni esempi normativi di diversi Stati europei osservati.
Chi si è già mosso da tempo è il Belgio: è infatti dal 2018 che la Belgian Commission ha decretato l’illegalità delle loot box. Secondo l’autorità belga, non è infatti necessario che la ricompensa di un gioco d’azzardo sia necessariamente in denaro, ecco dunque il presupposto fondante secondo cui le loot box possono essere considerate alla stregua del gioco d’azzardo e per cui ne è stata chiesta la rimozione dai videogiochi commercializzati nel Paese. Come spesso accade, però, la teoria fatica a coincidere con la pratica e con la sua effettiva attuazione: dalle ricerche emerge, infatti, come le loot box siano tuttora disponibili nella piccola monarchia parlamentare.
La Spagna ha pubblicato un progetto di legge proprio quest’estate, a luglio, secondo il quale le loot box necessitano un proprio quadro normativo di riferimento. Anche in questo caso sono messe in evidenza le analogie con il gioco d’azzardo, sia a livello strutturale sia psicologico. Secondo questo disegno, le loot box dovrebbero essere vietate ai minorenni e in capo alle aziende dovrebbe essere imposta l’implementazione di un meccanismo di autoesclusione e limiti di spesa, esattamente come accade per i nostri casino online ADM.
Nel Regno Unito, nonostante l’avvio di una inchiesta nel lontano 2020 per indagare sui pericoli derivanti dalle loot box, la questione è stata infine lasciata in stand-by. La decisione in merito, secondo i parlamentari, non deve incombere in capo al governo, pertanto, è stato fatto un invito al mercato affinché si autoregolamenti. Questo va però in contrasto con l’esito degli accertamenti espletati negli ultimi due anni, che avrebbero evidenziato come, effettivamente, vi sia una correlazione stabile e costante fra loot box e problematiche del gioco d’azzardo, circostanza peraltro emersa da 15 diversi studi indipendenti. Il punto di vista dei politici è però che, seppur esista, questo collegamento non costituirebbe un nesso causale certo.
La Norvegia, infine, è stata uno dei primi paesi del nostro continente a preoccuparsi del legame fra loot box e gioco d’azzardo, invitando gli altri Stati a indagare in merito. Quest’anno, il Norwegian Consumer Council ha inoltre pubblicato un rapporto sulle loot box, dal quale le stesse escono abbastanza malamente. Sarebbero connotate da un design manipolativo, costituirebbero marketing aggressivo e le informazioni sulle probabilità di vincita nonché sul reale costo del cofanetto sarebbero ingannevoli. È stata quindi resa nota la necessità di istituire una regolamentazione dedicata proprio alle loot box, per arginare il fenomeno entro determinati confini.
La situazione in Italia
Per quanto riguarda il nostro Paese, ancora non c’è una regolamentazione, ma si è espressa sul punto l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Che ha richiesto nuovi standard di trasparenza per i videogiochi in cui sono presenti acquisti in-game e acquisti in-app – questi ultimi sono gli assoluti protagonisti del mobile gaming, dove stanno spopolando - e in particolare loot box. Di qui, l’obbligo di esporre chiaramente il logo PEGI, indicante il rating del gioco, e un avviso che chiarisca ai giocatori la possibilità di ulteriori esborsi in denaro nello svolgimento del gioco.