L’Osservatorio sul gioco pubblico, nel suo pamphlet “Giocare da Grandi” ha preso in considerazione, fra gli altri argomenti il tema del gioco patologico e del gioco illegale.
Dopo una prima parte dedicata agli identikit dei giocatori e alla propensione al rischio, il campione è anche stato intervistato sui risvolti meno piacevoli del gioco con premi in denaro.
Conseguentemente all’analisi del rischio, era naturale spostare l’attenzione su una possibile deviazione patologica, connaturata a questo particolare aspetto del gioco. In positivo, il rischio è eccitazione e adrenalina – recita lo studio -, fintanto che esiste l’autocontrollo: alla perdita di questo, il rischio assume però connotazioni negative, con la possibilità di diventare vizio, paura e patologia.
È emerso dal sondaggio che tutti i giocatori hanno ben presente questa possibilità, con i più moderati che la ritengono una realtà ben distante dalla propria e non la considerano dunque un pericolo per sé. Per i giocatori che spendono maggiori somme, la compulsione può invece riguardare la totalità dei giocatori, allorquando gli stessi perdono consapevolezza e il contatto con la realtà.
Anche in questo caso, i non giocatori delineano diversamente l’identikit del giocatore compulsivo, rispetto a quanto fanno i giocatori: mentre per i primi si tratta di un soggetto legato a una situazione di marginalità (povertà, disoccupazione, bassa istruzione), i secondi illustrano un’immagine molto più variegata.
Il campione si trova invece concorde sul problema della ludopatia, sovrastimato dal gruppo intervistato e messo al terzo posto nella classifica delle dipendenze più pericolose nel nostro Paese, anche sopra a quello del fumo: il 90% degli intervistati ritiene che sia un problema in crescita, verso il quale è stato espresso un certo grado di incertezza e il timore che l’espansione del gioco online possa aggravarlo. Questa preoccupazione deriva dall’isolamento che il gioco online prevede, a differenza della rete fisica, che funge, secondo gli intervistati, da protezione, offrendo maggiori possibilità di aiuto e di intervento tempestivo.
La lotta al gioco d’azzardo patologico è vista come poco efficace
Strettamente correlata alla percezione della pericolosità della ludopatia, è emersa una chiara sfiducia nelle misure a supporto e contrasto della stessa: pur riconoscendo la sostanziale importanza della sfera individuale nella risoluzione e gestione del problema, il campione ritiene che anche Stato, concessionari e mass media giochino un ruolo fondamentale. E ritiene che tali soggetti, soprattutto lo Stato, non stiano attuando misure significative, riscontrando un’ambiguità di fondo nella gestione del problema, di cui hanno la percezione si parli tanto, senza però poi far conseguire azioni adeguate. Un ruolo fondamentale, secondo il campione intervistato, è rivestito dal gettito erariale che il gioco d’azzardo produce, che impedirebbe allo Stato di poter intraprendere misure più efficaci. Una delle principali contraddizioni a emergere è il dualismo che vede da una parte forte stigmatizzazione a livello comunicativo del gioco d’azzardo, che ne evidenzia stereotipi e patologie, e dall’altra una costante espansione del settore, soprattutto per quanto attiene alla sfera del gioco online.
In questo modo, i giocatori non patologici non si sentono tutelati, sotto diversi aspetti: non ritengono efficaci le campagne e le misure di contrasto al GAP, inoltre si sentono attaccati dalle campagne di comunicazione che sembrano volerli additare come soggetti problematici, anziché come cittadini che non solo esercitano un proprio diritto, ma addirittura contribuiscono alle casse pubbliche. Avevamo già trattato della rilevanza della comunicazione e del marketing nel campo del gioco pubblico, nonché della proposta di revisione di alcuni punti del Decreto Dignità.
La percezione del gioco illegale, meno realistica nei non giocatori
Anche il gioco illegale rappresenta una preoccupazione per il campione intervistato, soprattutto per i non giocatori. Quest’ultimi hanno dimostrato di avere una visione poco concreta e realistica del fenomeno, come peraltro già riscontrato a livello generale nella parte iniziale del sondaggio. Il parere di questi è fortemente condizionato da fattori esterni e da alcuni stereotipi e si basa sulla rappresentazione generalmente fornita nella narrazione cinematografica oppure per il tramite di racconti di conoscenti.
La divergenza è massima, poi, fra i non giocatori e coloro che invece giocano a poker e puntano scommesse, ossia le attività prevalentemente associate, nell’immaginario collettivo, al gioco illegale. I focus group, a cui hanno partecipato i giocatori, hanno infatti restituito dati calati in un contesto reale, posto che gli intervistati si sono detti al corrente dell’esistenza di canali di gioco illegale all’interno delle proprie cittadine, identificandolo come un problema che concerne tutta la nostra penisola, ma maggiormente esteso al sud.