Abbiamo spesso trattato dell’influenza che la pandemia ha avuto sul mondo del gioco pubblico italiano e dei cambiamenti che hanno coinvolto i giocatori italiani, in primis dell’enorme crescita avuta dal comparto online, soprattutto mediante il supporto delle piattaforme di gioco ADM.
Ma gli stravolgimenti ci sono stati in tutto il mondo, come conferma uno studio della UK Gambling Commission che descrive forma e grandezza dell’industria del gambling nel Regno Unito.
Regno Unito: le caratteristiche del mercato dalla regolamentazione del 2005
L’ente riporta che, mentre il numero complessivo di giocatori e il rendimento globale del mercato si sono dimostrati relativamente stabili fino all'inizio della pandemia, con l’avvento del Covid lo scenario ha subito cambiamenti, come la crescita dell’incidenza del settore online e il retail alla ricerca di un adeguamento in questo nuovo contesto.
Prima del Covid, fra il 2017 e il 2019, i giochi d’azzardo erano rimasti a livelli stabili, coinvolgendo il 32% della popolazione adulta. Inoltre, a eccezione del bingo, i giochi d’azzardo sono sempre stati più popolari fra il pubblico maschile, esattamente come all'epoca dell’introduzione del Gambling Act (2005).
Precisamente, i giovani fra i 25 e i 34 anni sono quelli che tendono a partecipare di più al mondo del gioco d’azzardo.
Gioco d’azzardo UK: metamorfosi causate dal Covid
I cambiamenti della pandemia hanno riguardato anzitutto il rendimento lordo del settore, che è calato del 16% fino a marzo 2021.
La pandemia ha inoltre ridotto il gap fra i due generi di giocatori: la partecipazione femminile è rimasta stabile, mentre quella maschile si è dimostrata in calo.
Inoltre, nel 2021 sono state rilevate alcune attività più popolari fra le giocatrici: gratta e vinci e le lotterie, ma anche le slot machine online e quelle reperibili nelle sale.
Un altro effetto del periodo pandemico è il calo del tasso di partecipazione della fascia 25-34, che ha raggiunto i livelli degli altri gruppi di età.
Con la riduzione progressiva delle restrizioni pandemiche, tutti i prodotti gambling sono tornati nuovamente accessibili agli utenti. Tuttavia, la percentuale complessiva di giocatori è rimasta inferiore a quella pre-pandemica, al 28%.
Si sono comunque scorti segnali di un ritorno al gioco nella fascia dei più giovani, 16-24 anni, e – a livello di genere – fra i giocatori maschili nel retail.
Difatti, il rendimento lordo dei giochi d’azzardo nel biennio 2021-2022 è solo del 2% inferiore rispetto al livello pre-Covid.
Il futuro si muove verso l’online
Come in Italia, anche nel Regno Unito si è verificata una virata verso il canale a distanza, che la Gambling Commission britannica descrive come graduale e consistente, nonché in continua evoluzione anche dopo il termine della pandemia.
Il sondaggio telefonico trimestrale condotto dall'ente, e pubblicato lo scorso settembre, ha rivelato che la proporzione di adulti che giocano online è pari a quella delle persone che giocano presso i punti fisici (entrambe al 18%), mentre solo cinque anni fa le giocate dal vivo erano pressoché il doppio di quelle online.
A dispetto della crescita osservata, il tasso di partecipazione all'iGaming non ha ancora raggiunto il livello del gioco fisico pre-pandemico, che si attestava sul 24,4% nel 2019.
Anche la partecipazione alla Lotteria Nazionale ha virato dal retail all'online, mentre per gli altri giochi la tendenza di un aumento dell’online è graduale e duratura, senza picchi.
La crescita avuta nel corso del periodo è stata inoltre guidata dalle giocatrici femminili, più che dagli uomini: dal 13,2% del settembre 2019 al 17,2% del 2022.
Allo stesso modo, è stato osservato un incremento del rendimento lordo generato dall'online: dal 42% del 2015-2016 al 61% del 2021-2022.
I prodotti che sono cresciuti maggiormente sono le slot machine online, che sono passate da circa 1,6 miliardi di sterline (2015-2016) a 3 nel biennio 2021-2022.
La popolarità del gioco retail
Mentre la popolarità del gioco retail è tramontata nel corso del tempo, rimane una “significativa componente del settore” come ha osservato la UK Gambling Commission, e sta mostrando segnali di ripresa post pandemia.
Con il declino della partecipazione retail, è conseguentemente calato anche il rendimento lordo: le scommesse retail e il bingo sono calati rispettivamente del 36% e del 44% fra il biennio 2015-2016 e quello 2021-2022.
Il retail è comunque un comparto che contribuisce in modo attivo al gioco pubblico britannico, ad esempio le scommesse retail hanno prodotto il 20% del rendimento totale degli anni 2021 e 2022.
Una condizione simile a quella del nostro Paese, in cui gli operatori stanno promuovendo i punti retail come presidi di socializzazione e mediante politiche omnichannel.
Inoltre, nonostante i timori relativi ai possibili danni all'industria del gioco causati dalla pandemia, a settembre 2022 c’è stato un incremento nel gioco rispetto allo stesso mese del 2021, in particolare fra i giocatori maschili e fra i giovani adulti fino ai 24 anni.
Gioco problematico e danni del gioco d’azzardo
Mentre il panorama del gioco d’azzardo è cambiato radicalmente dal Gambling Act del 2005, la questione del gioco problematico è rimasta costante nel corso degli anni.
Rilevare con precisione il gioco problematico e i danni cagionati dal gioco d’azzardo non è semplice. La UK Gambling Commission riferisce di un significativo numero di persone che continuano a riscontrare problemi con il gambling: centinaia di migliaia di giocatori che soffrono di conseguenze negative del gioco, alcuni dei quali più propensi di altri a sperimentare i danni da gioco.
Tra questi, coloro che si approcciano a più attività, gli uomini, persone affette da probabili problemi mentali e i giocatori che spendono di più.
“La vulnerabilità degli adulti è la stessa ad ogni età, mentre i giovani adulti, in particolare, possono essere più esposti ai danni da gioco in virtù di una combinazione di fattori biologici, situazionali ed ambientali” ha commentato il regolatore britannico.
Un’analisi del 2018 della Avon Longitudinal Study of Parents and Children ha effettivamente riscontrato che i giovani attorno ai 20-21 anni sono più a rischio. Secondo quanto emerso dallo studio, si tratta di un’età in cui i giovani si stanno adeguando a nuove libertà e a cambiamenti come quello di lasciare la famiglia d’origine e, conseguentemente, dover sopravvivere con le proprie finanze.