Giancarlo Marzo, avvocato appartenente al Foro di Bari, ha fatto il punto sulla situazione del gambling in Italia, prendendo in considerazione l’ipotesi del contenzioso tributario.
L’industria del gioco in Italia è un settore florido, che ha raddoppiato i suoi affari negli ultimi anni, provocando un gettito erariale che è alla soglia oggi dei 10 miliardi, trainato dalle slot machine. Chiaro che il comparto del gioco diventi uno dei principali ambiti di intervento normativo, come dimostrano sia il Decreto Dignità e la Legge del Bilancio, che incrementano il prelievo fiscale sul gioco.
In particolar modo è stato applicato un aumento del PREU (Prelievo erariale unico) per i giochi di ultima generazione, quelli cioè capaci di determinare, in un anno, la metà delle entrate totali del settore. Maggior prelievo su AWP, New Slot e VLT, quei congegni elettronici collegati alla rete telematica (art.14 bis, comma 4, DPR 640/1972) distribuenti vincite in denaro. In particolare, AWP e New Slot si attivano tramite moneta metallica o con strumenti di pagamento elettronici, grazie alla scheda inserita nella cabinet, che consente di giocare per un costo non superiore ad un euro e montepremi massimo di cento. Invece le videolottery distribuiscono vincite in denaro con criteri e possibilità di vincita, o perdita, maggiori tanto da poter essere quasi paragonate agli apparecchi dei casinò: si attivano in presenza di un collegamento alla rete, trasmettono in tempo reale il gioco dal server nella sala in cui l’apparecchio è installato e memorizzano le giocate live senza alcun controllo sulle vincite, anche da remoto.
Tra AWP e VLT sono coinvolti tre soggetti: il concessionario, il gestore e l’esercente, gli stessi che nelle dinamiche di un mercato sempre più percosso cercano di affrontare una serie di problematiche fiscali difficilmente risolvibili, a cominciare dall'ammortamento delle slot machine all'imponibilità ai fini IVA dei proventi.
Proprio sull'ammortamento ci sono le più particolari preoccupazioni degli operatori, dal momento che è necessaria per ripartire i costi tra gli esercizi di vita utile degli stessi macchinari e determinare il reddito di impresa dei singoli esercizi. L’ammortamento delle slot machine è complicato dal fatto che è praticamente impossibile ricondurle ad una categoria di beni specifica, essendo la loro natura ibrida: parliamo di metà macchine semplici e metà sofisticati software. Sono congegni elettronici ma con una scheda di gioco assimilabile ad un software. E pur riconducendole tra i beni materiali non si può intervenire su uno specifico coefficiente di ammortamento da utilizzare nell'attività di gestione a causa del mancato aggiornamento delle linee guida nei decreti del 31 dicembre 1988 che regolano le varie tipologie di beni materiali e strumentali nell'attività commerciale.
In un quadro così per i gestori è stato necessario trovare una soluzione alla lacuna normativa, cercando soluzioni e collegamenti con altri gruppi di beni ritenuti assimilabili. Le slot machine, dunque, sono arrivare nella classe di appartenenza del Gruppo 19, ovverosia alberghi, ristoranti, bar ed affini attività, e del Gruppo 20, servizi culturali, sportivi e ricreativi. Per quel che riguarda, invece, le quote di ammortamento, alcuni hanno scelto di utilizzare quella del 20 percento, in analogia con le macchine d’ufficio elettromeccaniche ed elettroniche, come pc e sistemi telefonici elettronici. D’altro canto. altri gestori hanno scelto di assimilare le slot machine non già ad un bene materiale, bensì ad un bene immateriale, facendo leva sul fatto che la scheda di gioco presente nella cabinet, al di là dell’involucro metallico, di fatto è un software che interagisce con il sistema del concessionario attraverso un “punto di accesso” (Pda) e consente di riprodurre il gioco dal relativo videoterminale. In virtù, dunque, di questa componente immateriale, hanno invocato l’art. 103 del Tuir, deducendo le quote di ammortamento nel limite del 50 percento del relativo costo. Ma l’Agenzia delle Entrate non ha fatto mancare le contestazioni ed anzi ha ritenuto assimilabili le schede delle slot ai beni materiali, nel gruppo “altre attività non precedentemente specificate” nella categoria “macchinari, apparecchi e attrezzature varie”. La quota di ammortamento è del 15%.
Ma questa associazione potrebbe non convenire all'Erario, sia perché la scheda delle slot machine cade ben presto in obsolescenza, sia perché annualmente e periodicamente richiede sostituzioni e aggiornamenti. Ancora: annoverare le AWP tra i beni materiali significa ammettere per loro la misura del super ammortamento, prima prevista dalla Legge di Bilancio 2016, poi confermata nel 2019 e ancora nel 2019, con la Legge di Bilancio che non ha previsto nessuna proroga per il super ammortamento ed anzi, chiarito nel cd. “Decreto Crescita”, in vigore dal 1 maggio 2019, viene ripristinata l’agevolazione del suddetto super ammortamento. In particolare l’art.1 del decreto citato prevede per i titolari di reddito d’impresa ed esercenti atti e professioni che investono in beni materiali strumentali dal 1 aprile 2019 al 31 dicembre dello stesso anno: messa così anche per le Awp acquistate tra il 1° aprile 2019 e il 31 dicembre 2019, il cui investimento venga completato alle condizioni stabilite nel decreto non oltre il 30 giugno 2020, sarà possibile procedere alla deduzione del 130 percento del costo sostenuto, con conseguente scarso vantaggio per l’Amministrazione Finanziaria.
L’altra questione per gli apparecchi da intrattenimento è sull'esenzione IVA, che si applica solo ai giochi in cui non è prevista vincita in denaro ma si tratta di una esenzione restrittiva, in quanto deroga alla regola secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo e sempre in maniera conforme a quanto stabilito dal legislatore comunitario. Inoltre, sebbene con esplicito riferimento alle AWP, la Circolare n.21/E del 13/05/2005 scomunica che rientrano nell'ambito dell’esenzione i rapporti fra concessionario e terzi incaricati della raccolta del giocatore, ovverosia i rapporti instaurati dal concessionario con l’esercente. Non sono mancate le perplessità che hanno portato ad un grosso contenzioso con l’Agenzia delle Entrate e si attende ancora il giudizio finale della Corte di Cassazione, dal momento che la stessa Agenzia non ha annullato in autotutela tutti gli atti già emessi.
Ora l’Agenzia delle Entrate volge lo sguardo alla fiscalità diretta: le ultime contestazioni mosse dagli Uffici attengono all'asserita non inerenza di costi fisiologici all'attività di raccolta delle giocate, quali: i costi dei biglietti omaggio che gestori ed esercenti sono soliti distribuire ai clienti per incoraggiare il gioco; le perdite su crediti derivanti da anticipazioni di futuri incassi concesse e/o imposte dall'esercente al gestore, contestualmente alla sottoscrizione dell’accordo commerciale. Per i biglietti omaggio si tratta invece di ticket gratuiti distribuiti dalle società esercenti per l’attività di gestione di VLT con bar, con il duplice scopo di incentivare nuovi clienti e fidelizzare quelli abituali. Il Fisco pare negare la deducibilità di simili oneri, qualificandoli come liberalità, perciò non inerenti all’attività d’impresa. La tesi erariale, però, non convince, sia perché la distribuzione dei biglietti omaggio persegue l’obiettivo di aumentare le giocate e il giro d’affari, dall’altro lato, considerando l’impossibilità di utilizzare il ticket per scopi diversi dal gioco, difetta l’“animus donandi”, tipico delle liberalità. Liberalità a cui l’Agenzia ha assimilato gli anticipi su futuri ricavi nell’ambito dei rapporti contrattuali imposti dall’esercente al gestore. Trattasi cioè di strumenti leciti che il gestore può utilizzare per la creazione di nuovi locali di raccolta, consolidando i rapporti già attivi. Un rimedio al vertiginoso calo degli utili causato dal continuo e perenne aumento del PREU.