Si è concluso da poco l'Iagr di Copenaghen, l’evento di riferimento per il settore del gambling mondiale durante il quale è stata analizzata la situazione italiana del gioco pubblico alla luce del recente provvedimento contenuto del Dl dignità che sancisce il divieto totale di pubblicità dei giochi con vincita in denaro. Secondo le considerazioni degli esperti del settore, il “total Adv ban”, (così viene attualmente identificato il divieto di pubblicità del gioco italiano), rappresenta uno strumento incoerente e pericoloso.
Interessante, in tale contesto, l’analisi di Valerie Peano di Egla (European Gambling Lawyers & Advisors), che si è soffermata sulle ripercussioni critiche del divieto di pubblicità per i casinò online AAMS e la sicurezza in generale.
L’esperta sostiene, innanzitutto, che il provvedimento ignora completamente le indicazioni della raccomandazione della Commissione Europea del 2014, attraverso la quale, si specificava agli stati membri che un divieto totale della pubblicità dei giochi online risulterebbe negativo e pericoloso in quanto renderebbe indistinguibile l’offerta legale da quella illegale.
“Le disposizioni del decreto Dignità che introducono il divieto di pubblicità e sponsorizzazione da parte degli operatori di gioco presentano numerose criticità circa la loro compatibilità con le norme nazionali ed europee che potrebbero pregiudicarne l’applicazione. Motivato dall'urgenza di garantire un più efficace contrasto del disturbo da gioco d’azzardo, il divieto non appare sostenuto da alcuna ricerca scientifica tale da validamente sostenere la necessità di un provvedimento urgente”, ha spiegato Peano.
Riferendosi alla deroga attuativa di un anno per i contratti pubblicitari in corso di esecuzione, il legale specifica che il divieto di pubblicità prevede tempistiche di introduzione incomprensibilmente disallineate tra loro e senza alcun coordinamento con la normativa preesistente di disciplina delle comunicazioni commerciali, anche con riguardo all'ente che dovrà comminare le sanzioni e al loro eventuale cumulo.
I fattori critici del Decreto Dignità
I fattori critici non sono riconducibili unicamente ad un problema strettamente normativo.
Il divieto incide negativamente sui nuovi operatori entranti sul mercato italiano che hanno deciso di partecipare alla nuova procedura di aggiudicazione di concessioni per il gioco a distanza ai sensi della Legge di Bilancio del 2015, ancora in corso, privandoli in questo modo della possibilità di farsi conoscere dal pubblico e di far conoscere i loro servizi di gioco, motivo che potrebbe portarli a rinunciare all'iter di partecipazione.
“Il divieto si applica indistintamente sia agli operatori di gioco legali che illegali, anche in questo caso senza alcun coordinamento con quanto già statuito dall'art. 4 legge n. 401/1989 e dalla legge finanziaria per il 2007; in merito al contrasto agli operatori illegali, si scontra poi con la difficoltà pratica di attuazione ed efficace contrasto della pubblicità di questi ultimi”.
Il legale spiega che il rischio concreto è che queste comunicazioni commerciali rimangano presenti a discapito di quelle degli operatori concessionari di gioco in Italia o partecipanti al bando che operano nella legalità e che risultano perciò più facilmente aggredibili.
“Il divieto crea un vantaggio competitivo per quegli operatori illegali che in questo ultimo decennio il legislatore italiano aveva cercato di contrastare con la progressiva legalizzazione e regolazione delle offerte di gioco, canalizzando la domanda di gioco verso i circuiti di offerta legale”.
A ciò si aggiunge il fatto che il provvedimento porta inevitabilmente la perdita di ingenti investimenti in Italia che si sarebbero potuti strutturare meglio ricorrendo ad una più appropriata regolamentazione.
Discutibile anche il collegamento tra l’introduzione del divieto di pubblicità e l’aumento del Preu applicato alle slot e vlt, “quasi a voler rivelare il vero obiettivo della norma ovvero ancora una volta la necessità di far cassa attraverso il gioco”, specifica Peano. “La violazione di norme nazionali e principi di derivazione europea faranno, presumibilmente, nascere nuovi contenziosi a livello nazionale ed europeo”.
Anche le attività di affiliazione potrebbero risultare compromesse.
“Il divieto tracciato dal decreto Dignità è molto ampio ed in mancanza di chiarimenti interpretativi da parte dell’autorità deputata a comminare le sanzioni, l’attività di affiliazione potrebbe intendersi già vietata, qualora non ricollegabile ad un contratto di pubblicità già in corso di esecuzione all'entrata in vigore del decreto”, specifica.
Alla luce di tali criticità, Peano auspica una revisione del divieto da parte del Governo, che “sollecitata o meno da contenziosi nazionali ed europei” può essere ancora possibile.